BIOdiversità agraria - ZOOtecnia biologica - TECnologie per un’agricoltura sostenibile

La suinicoltura Emiliano Romagnola agli inizi del secolo scorso

La storia della zootecnia italiana attraverso i documenti

L’allevamento degli animali domestici in Italia: le principali specie allevate, le razze, il resoconto della zootecnia raccontata dalle immagini, dalle cronache e dai documenti storici.

Delle quattro razze suine di questa regione, tre, e cioè la Parmigiana o reggiana, la Modenese e la Bolognese, possono dirsi pressoché scomparse, mentre diffusa trovasi ancora la Romagnola.
I porci di razza Parmigiana, detti comunemente maiali neri, e che si trovano nelle provincie di Parma, Piacenza, e in parte anche in quelle di Reggio Emilia a Cremona, sono caratterizzati da manto grigio scurissimo con rade setole nere. Mostrano testa stretta con grifo lungo a profilo rettilineo terminato da specchio inclinato in basso, dal tronco lungo e convesso, sostenuto da arti alquanto alti, ma forti.
Sono assai prolifici (10-12 porcellini per parto), particolarmente adatti a pascolare e grufolare lungo i rivi e i boschi. Robusti e rustici, passano la maggior parte dell’anno all’aperto al pascolo e con scarse razioni complementari al porcile. A un anno di età raggiungono in media il peso di 80-90 kg. e danno lardo e carne assai ricercati per la squisitezza del gusto e la facile conservazione.
Questi maiali, molto affini ai milanesi, ma di forme più proporzionate e più armoniche, per le mutate condizioni di ambiente e di esigenze sociali sono ormai ridotti a pochi. La razza Yorkshire è andata man mano sostituendo la Parmigiana in pianura prima, in collina poi e solo in alta montagna, nell’Appenino, dove i boschi di querce, di cerri, di roveri offrono al porco libero pascolo, si può forse ancora incontrare qualche minuscolo allevamento della nera parmigiana.
Oggigiorno si hanno dei meticci York-parmigiani robusti, cilindrici, precoci, dotati di abbondanti masse carnose, a orecchie quasi diritte (nei porci Parmigiani sono lunghe e dirette in avanti), e con mantello a macchie brune più distinte e ricco di setole.
L’antica razza Modenese, molto simile alla Parmigiana, è alta di gambe e con orecchie non lunghe, coprenti l’occhio e leggermente pendenti, pelle di color rame, setole rade, mantello poco fasciato di bianco sulle spalle. Nelle valli di Mirandola esiste ancora un discreto materiale di questa razza, assogliantissima alla Romana e, salvo mancato miglioramento, alla Large Black.
In provincia di Modena si alleva anche un maiale bianco o pezzato, volgarmente detto russo, provvisto di orecchie larghe e cascanti e che ora è difficilmente rintracciabile.
Sia in provincia di Modena che in quelle di Reggio Emilia e Parma i suini Yorkshire furono sin dalle prime importazioni ben accetti agli agricoltori e l’incrocio continuato con i maiali locali trovò sempre più numerosi fautori, tanto che attualmente si può dire che in generale l’antica razza sia quasi del tutto sostituita e che particolarmente in provincia di Reggio Emilia i così detti maiali Reggiani d’oggigiorno, tanto ricercati, non sono altro che prodotti, nei quali il sangue Yorkshire ha, si può dire, totalmente sostituito quello indigeno. Qualcuno ha cercato di importare in questa regione anche dei riproduttori di altre razze, ma non hanno incontrato larghe simpatie “perché è ben difficile cambiare un indirizzo d’allevamento ormai cinquantenario, specialmente quando questo indirizzo ha fatto guadagnare fior di quattrini alla generalità degli agricoltori”.
Alla grande diffusione del maiale Yorkshire no solo in Emilia, ma in tutta l’alta Italia, contribuisce da tempo non poco l’Istituto zootecnico di Reggio Emilia con la concessione della monta pubblica dei verri importati e con la vendita di prodotti, ottenuti in purezza presso l’Istituto stesso, agli allevatori che ne fanno richiesta.
La razza Bolognese, che poco si differenzia dalla parmense, mostra un corpo più lungo e sviluppato dei Parmigiani. Le loro setole sono rade e corte e tra esse traspare la pelle sempre di un color rosso-viola. Ingrassano molto facilmente anche nei mesi caldi e arrivano a pesi ragguardevolissimi: kg. 230 in media.
Le loro carni hanno costruito la fama dei “Zamponi di Modena” e delle mortadelle, spalle e bondiole di Bologna.
La razza Bolognese occupava n’area assai più vasta della Parmigiana, poiché, oltre alla propria, si estendeva a quella di Modena e a parte di quella di Reggio Emilia. L’allevamento si estendeva anche a Mantova e nel Veneto ove veniva frammista alla varietà Bergamasca-Bresciana della razza Lombarda.
Fu una delle prime a essere incrociata con la Yorkshire e si è ora ottenuta una popolazione meticcia, che ha tutte o quasi le caratteristiche della razza Yorkshire.
L’incrocio Bolognese con Yorkshire è precocissimo ma molto più grasso dell’incrocio Parmense-Yorkshire, che, senza dubbio, è preferibile anche in rapporto alla robustezza dei soggetti.

Nelle tre immagini sopra: maiali grassi del Reggiano, appare evidente come la razza Yorkshire ha, con l’incrocio e il meticciamento, quasi assorbito totalmente il tipo indigeno


La razza Romagnola, detta anche Bruna Romagnola, Mora, Castagnina, viene allevata preferibilmente nella regione Romagna, dove costituisce circa il quinto della totalità dei suini allevati. Questa razza è stata da qualche zootecnico contemporaneo (Marchi e Faelli) descritta semplicemente con il nome di razza Bolognese. Il Bonazzi, invece, chiama con il nome di Romagnola la “vera razza nostrana Bolognese” e lo Stanga considera la razza Romagnola una sottorazza della Bolognese, dalla quale si differenzia “se non di molto, per il volume del corpo e per il peso che può raggiungere, per aver testa più piccola, orecchie piccole portate orizzontalmente e perla presenza di una stella frontale, triangolare, bianca, che si prolunga sul naso, fino in vicinanza del “grifo”.
Secondo il Bartolucci quest’ultima caratteristica è abbastanza rara e non può di certo essere un carattere differenziale di razza, poiché, più che una macchia bianca triangolare, trattasi di una striscia di setole più chiare.
Nel Riminese si incontrano soggetti con questa macchia frontale, ma differiscono da quelli del Forlivese e del Faentino per altri caratteri.
Il Bubani, che a lungo si è occupato della produzione suinicola romagnola, nella razza Romagnola vi vede una “varietà forlivese”, chiamata in dialetto mora, e una “varietà faentina”.
La prima a manto nerastro e con tinte più chiare nell’addome, ha ormai invaso le due provincie di Ravenna e Forlì ed anche il circondario di Rocca San Giacomo (Romagna-Toscana).
Secondo il Bubani, l’attuale varietà forlivese, assai più pregiata dell’antica faentina perle sue abbondanti masse muscolari che danno una carne squisitissima, è il prodotto di incroci ripetuti che la razza Cianina (Cappuccina), che, specialmente nel territorio di collina, veniva importata su larga scala, perché assai apprezzata come pascolatrice. Alcune scrofe forlivesi, molto alte sulle gambe e di grande sviluppo scheletrico (cavallone in dialetto), sono appunto le rappresentanti di questa antica tendenza, che non incontra più favore, preferendosi soggetti di tipo medio, non molto alti negli arti, di lunga corporatura, larghi e profondi.
La varietà faentina, che ha ceduto quasi completamente il campo alla forlivese, è di pelame rossiccio (fulvo) ed ha qualità meno pregiate. In generale proviene dalle colline del Casolano (Casola Valsenio) e ha struttura, testa, tronco e arti uguali a quelli della varietà forlivese di media taglia.
Nel Riminese, il tipo suino indigeno antico è di colorito rossastro con una stella bianca in fronte e qualche volta con una cinghiatura chiara. È di scheletro più voluminoso della varietà Faentina e Forlivese ed è inoltre lungo.
I soggetti di razza Bruna Romagnola, costituita quasi totalmente dalla razza Forlivese, sono di mole abbastanza vantaggiosa, giacché la loro altezza media è di 80-90 cm., e hanno la testa ben proporzionata alla loro mole, tendente al lungo, con orecchie relativamente piccole e portate quasi in direzione orizzontale. Il tronco lungo, cilindrico, con linea dorso-lombare molto convessa: in gergo sono detti gobbi. Le gambe, in generale, robustissime, sostenute da sviluppati gruppi di muscoli, talvolta nelle scrofe con appiombi difettosi posteriormente. La pelle scura, qualche volta tendente al gialliccio, coperta da setole ispide e, ad eccezione della linea dorsale, piuttosto rade, di color nero, o fulvo intenso, con punta scolorata. Il mantello nella faccia anteriore dell’addome e interna alle cosce è tendente al bianco.
Nei maialetti giovani, fino all’età di 8-9 mesi, il colore delle setole è di un fulvo chiaro. Caratteristica importante e speciale della razza Bruna Romagnola è la “linea sparte”, costituita da robustissime, irte e fitte setole che si trovano lungo tutta la linea dorsale.
Le scrofe, che sono sempre di mole più grande del maschio, sono assai prolifiche (in media partoriscono 10 maialetti) e provviste di numerosi capezzoli attivi, che secernono abbondante latte.
I suini romagnoli sono buoni mangiatori e hanno spiccata attitudine a cercarsi il nutrimento al pascolo.
La precocità non è una caratteristica di questa razza anche se a 18-20 mesi di età, dopo la fase di alimentazione intensiva al porcile, raggiungono il peso di 250-300 kg. La carne, di fine marezzatura e migliore di altre razze, è molto saporita, soda, di colore roseo spiccato ed è considerata squisitissima. È molto ricercata perla confezione di salumi senza mescolanza con altre carni, e quindi assai rinomata. Il grasso è in giusta proporzione e il lardo è di un bianco latteo, sono e non lascia molto residuo di connettivo alla cottura.
Attualmente in Romagna sono presenti pochi soggetti di questa razza. I meticci Yorkshire-romagnoli hanno preso il sopravvento dopo l’introduzione dei primi Yorkshire avvenuta verso il 1890.

Scrofa di razza Romagnola

 

Sotto: scrofette di razza Romagnola

La suinicoltura Emiliano Romagnola agli inizi del secolo scorso